Gomorra padana
La mafia al nord, come opera, dove investe, come si muove.
Italia. La mafia al nord lavora nell’ombra e in silenzio ma capita anche che ci scappi il morto. E’ capitato nel Bresciano: nell’agosto del 2000, quando venne assassinato Giuseppe Leonardi, crivellato di colpi dentro la sua auto poi data alle fiamme, con lui c’èra la sua ragazza di soli 19 anni. Le indagini portarono a ben 42 arresti nell’ottobre del 2005. Le persone arrestate sono accusate di racket praticato ai danni di artigiani, piccoli imprenditori, commercianti e gestori di night; traffico di manodopera clandestina straniera impiegata nell’edilizia, traffico di droga e di armi. Alcuni sono calabresi, legati al clan Facchineri-Piromalli, ai Belloccio, ai Mancuso di Limbadi, ai Fiaré di Briatico; altri sono bresciani. Gli arresti vennero effettuati in vari paesi della Bassa Bresciana.
Parlare della presenza della mafia al nord non è facile, si rischia di non essere compresi perché è un argomento che difficilmente trova spazio sui mezzi di comunicazione, pertanto la percezione dell’opinione pubblica è che il fenomeno non esiste, al limite si può pensare che ci siano dei casi sporadici di presenza mafiosa, soprattutto straniera.
Ma la realtà è ben diversa: le mafie imperversano, tutte le mafie, dalla ‘Ndrangheta a Cosa Nostra, dalla Camorra alla Sacra Corona Unita. Un radicamento lento, che parte da lontano, già all’inizio degli anno Sessanta Cosa Nostra inizia i propri affari a Milano, non a caso il boss Luciano Liggio viene arrestato proprio nel capoluogo lombardo. In seguito arrivano le altre organizzazioni ma tra di loro non si combattono, si dividono il territorio senza spargimenti di sangue, ritengono che sia meglio lavorare nell’ombra senza allarmare opinione pubblica e inquirenti.
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