Blitz al carcere di Brescia: 13 arresti tra corruzione e spaccio

Tredici persone sono state arrestate nell’ambito di un’inchiesta partita nel 2021 e condotta dai carabinieri di Brescia, sotto la direzione della Procura. Tra gli arrestati figurano un ispettore capo della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere cittadino e un avvocato milanese. L’indagine ruota attorno al penitenziario Nerio Fischione, portando alla luce gravi episodi di corruzione, spaccio e altri reati legati alla criminalità all’interno del sistema carcerario.

Le misure cautelari sono state eseguite nella notte e si sono concluse nella tarda mattinata del 17 settembre, quando un blitz in via Naviglio Grande a Brescia ha destato preoccupazione tra i residenti del quartiere. Gli arrestati sono accusati di reati gravi, tra cui corruzione, accesso illecito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti, tentata estorsione aggravata, spaccio di droga e false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Tra gli arrestati figurano nomi di spicco. Francesco Leone, Sandro Monteleone, Nicolò Fornasari e Ernesto Settesoldi sono stati condotti in carcere. L’ispettore di polizia penitenziaria Giuseppe Di Leo, insieme a Antonio Leone, Stefania Pelucchi e Luciana Bernardini, sono stati posti agli arresti domiciliari. Altri quattro indagati sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Particolare rilevanza assume il divieto di esercitare la professione per un anno imposto all’avvocato milanese Alessandro Sacca.

Giuseppe Di Leo, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, avrebbe ricevuto denaro per svolgere il ruolo di intermediario tra i detenuti e le loro famiglie. In particolare, l’ispettore avrebbe introdotto illegalmente in carcere telefoni cellulari, lettere, denaro e persino sostanze stupefacenti. Durante l’inchiesta è emerso che alcuni detenuti, tra cui quelli del carcere di Canton Mombello, avrebbero ricevuto dosi di cocaina nascoste all’interno di scatole di cioccolatini, all’apparenza perfettamente integre. Nonostante ciò, Di Leo ha dichiarato di non essere a conoscenza della presenza di droga.

L’indagine ha rivelato anche un tentativo di estorsione ai danni di un ex detenuto, orchestrato da un carcerato con l’aiuto di complici esterni. Gli investigatori hanno inoltre scoperto che un carcerato è stato fittiziamente assunto da un’azienda per poter beneficiare di misure alternative alla detenzione, aggirando così le normali procedure. Tra le figure coinvolte nell’indagine emerge anche un noto studio legale milanese, accusato di favorire la violazione delle norme sulle comunicazioni dei detenuti. Lo studio avrebbe infatti trasferito telefonate di un proprio cliente detenuto a terzi, facilitando la circolazione di informazioni al di fuori delle mura carcerarie in modo illecito.

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