Il 31 dicembre 2013 si è conclusa ufficialmente la copertura praticamente totale con banda larga di tutti i comuni della Regione Lombardia, abbattendo finalmente il divario digitale (digital divide) anche in aree a “fallimento di mercato“, in cui cioè gli operatori di telecomunicazioni non erano disposti a fornire anche nel futuro prossimo servizi di base a banda larga abbordabili a condizioni di mercato.
Questo risultato tanto atteso ci ha consentito di avere ADSL e connettività a Internet via cavo (esistevano infatti già offerte wireless con tecnologie hiperlan, 3G, wimax, ecc.) anche in piccoli paesi, come ad esempio San Felice del Benaco in cui vivo.
Inutile dire che la banda larga è un elemento fondamentale per le comunità locali, le loro economie, per trattenere i giovani, per fornire e fruire di servizi, ma anche più in generale per garantire a cittadini e imprese il diritto di cittadinanza digitale, e più in generale di essere a pieno titolo parte del mondo, contribuendo al bene pubblico di conservazione dell’integrità dei territori, equità, aumento della coesione e partecipazione sociale, aiuto all’economia.
Premetto che ritengo che la visione politica di Regione Lombardia e l’impiego di fondi pubblici (europei, statali, regionali) abbiano permesso di ottenere un risultato importantissimo. Ritengo inoltre che tecnicamente Telecom Italia offra una ADSL con buone performance, affidabile, a prezzi di mercato e con soddisfazione da parte dell’utenza.
Ma la domanda è: è stato fatto tecnicamente tutto il possibile per ottenere il miglior risultato possibile per il bene comune in base alle prescrizioni della Commissione Europea?
La mia risposta è: Non tutto.
Voglio però argomentare nel dettaglio i miei dubbi, in quanto è a mio avviso emblematico di come anche i particolari esecutivi di un’azione politica giusta, debbano essere attentamente valutati e monitorati al fine di ottenere il miglior risultato, perché è stato proprio nei tecnicismi che a mio avviso si è annidato l’inghippo.
I miei dubbi sono sorti nel momento in cui, annunciata la copertura ho voluto confrontare le offerte ADSL dei vari operatori di telecomunicazioni: con mia sorpresa ho scoperto che era commercialmente disponibile solo con Telecom Italia, e così lo è stato per mesi.
In rete è possibile trovare molte rimostranze a riguardo. Solo molto recentemente anche altri operatori (OLO) hanno cominciato ad offrire il servizio ADSL nelle nostre zone.
Ma è corretto?
Visto che la copertura è avvenuta con denaro pubblico, a mio avviso no, in quanto discriminatorio nei confronti degli altri operatori, e quindi con un effetto distorsivo sulla sana concorrenza di mercato per il bene di tutti.
Questo ritardo nell’offerta da parte degli OLO ha consentito di fatto un enorme vantaggio a Telecom Italia, che essendo partita per prima con la commercializzazione ha saturato i territori, essendo stato l’unico fornitore di ADSL per mesi ed essendo molto sentita l’esigenza di connettività nei nostri paesi, facendo così terra bruciata agli altri operatori che ora si trovano a spartirsi le briciole, costituendo quindi temporaneamente un monopolio di fatto da parte dell’incumbent con l’aiuto però di fondi pubblici.
Ma come è stato possibile?
Facciamo un passo indietro e vediamo come è stata raggiunta politicamente e tecnicamente la copertura con banda larga di tutti i 707 comuni della Regione Lombardia che rimanevano ancora in digital divide.
Il primo passo è stato quello di collegare con fibra ottica le centrali telefoniche più vicine in 140 comuni della Lombardia privi di infrastrutture telematiche adatte al veicolamento di flussi dati ad alta velocità.
Risultato ottenuto con l’Accordo di Programma di Regione Lombardia con il Ministero dello Sviluppo Economico e il Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione firmato il 2 settembre 2009, per una spesa di 26.688.430€ di fondi pubblici statali ( 6M delibera CIPE 3/06 e 20M da Legge Finanziaria 2007).
L’intervento è stato poi eseguito in 36 mesi dalla società pubblica di scopo Infratel Italia Spa, ed io ad esempio a maggio 2010 avevo documentato l’arrivo della fibra ottica a San Felice del Benaco.
Il secondo passo è stato quello di dotare le centrali e gli armadi stradali dei 707 comuni coinvolti nel progetto con gli apparati elettronici e la connettività necessaria per gestire il traffico dati ad alta velocità e capacità.
Risultato ottenuto con il Bando per l’erogazione di un contributo per la diffusione di servizi a banda larga nelle aree in digital divide ed in fallimento di mercato in Regione Lombardia” pubblicato il 7 maggio 2010, per un impegno 41.000.000€ di fondi pubblici, 21M del Programma Attuativo Regionale (PAR) del Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS) 2007-2013, 20M di fondi europei del Piano Operativo Regionale (POR) per l’attuazione del programma FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) 2007-2013, Asse 1 – Innovazione ed economia della conoscenza.
L’intervento è stato poi eseguito in 24 mesi da Telecom Italia (aggiudicataria del bando, convenzione firmata con Regione Lombardia il 27 giugno 2011) con un appalto da 94,8 milioni di euro, di cui 53,8M a carico di Telecom Italia e 41M di fondi pubblici. 707 comuni coinvolti, 918 punti di commutazione (centrali e apparati stradali) “aggiornati”, 3.000 km di fibra ottica posata, che hanno consentito di offrire a tutti connettività ADSL da 7 a 20 Mb.
Questa seconda iniziativa, potendosi configurare potenzialmente come aiuto di stato, per diventare esecutiva è stata soggetta all’approvazione della Commissione Europea “N 596/2009 – Riduzione del divario digitale in Lombardia – C(2010) 888” del 8 febbraio 2010.
In questo documento la Commissione Europea ha dettato saggiamente e con un linguaggio chiaro una serie di condizioni affinché i finanziamenti a favore dell’impresa aggiudicatrice non fossero distorsivi della concorrenza, consentendo una infrastrutturazione per telecomunicazioni del territorio ad accesso “open” per qualunque altro operatore e a tempo indeterminato.
Tra le condizioni ad esempio viene richiesto che “i condotti di nuova costruzione debbano essere di dimensioni adeguate per consentire il passaggio di molteplici fibre e che l’obbligo di concedere accesso ai condotti non sia limitato nel tempo“.
La scelta di posa delle tratte di fibra ottica fatta da Telecom Italia è stata ad esempio quella delle “minitrincee“, scavi di circa 5-10cm di larghezza e di soli circa 30cm di profondità, per ridurre costi, disagi per i cittadini e per le amministrazioni, e tempi di realizzazione. La foto qui a fianco che ho fatto a San Felice del Benaco mostra chiaramente l’entità dell’intervento.
Scelta direi saggia, ma la domanda è: visto che uno scavo così piccolo non può che alloggiare una conduttura ancor più piccola, siamo sicuri che un eventuale altro operatore che in futuro decidesse di posare propria fibra ottica avrà sufficiente spazio e passaggio in quelle condutture, non dovendo quindi fare ulteriori scavi?
Questo passaggio è fondamentale per il nostro futuro.
Altra condizione ad esempio richiesta è “Libero accesso all’ingrosso: il gestore della rete concederà a tutte le parti interessate l’accesso effettivo a tutte le infrastrutture realizzate con il contributo statale, secondo criteri aperti, trasparenti e non discriminatori. … comprendendo l’accesso a infrastrutture sia attive che passive, onde assicurare che l’aiuto di Stato incentivi veramente la concorrenza nelle zone interessate.“.
Consultando ad esempio il portale LIDO di Telecom Italia per verificare la vendibilità di servizi xDSL associati al mio numero telefonico, avevo potuto verificare che risultava vendibile il servizio “ADSL Bitstream ETH fino a 20M“, derivando quindi che la centrale di San Felice era stata dotata di DSLAM Ethernet.
Considerando le condizioni poste dalla Commissione Europea e dalle autorità italiane di concedere accesso alle infrastrutture sia attive che passive agli altri operatori (OLO), immaginavo che da subito fossero disponibili commercialmente le offerte ADSL non solo di Telecom Italia, ma anche di tutti gli altri operatori.
Invece niente, per mesi è stata disponibile solo l’ADSL di Telecom Italia e basta, garantendogli così un grande vantaggio commerciale.
Perché gli OLO non sono stati in grado di fornire da subito la loro offerta ADSL?
L’unica spiegazione che mi sono dato è perché per qualche motivo gli altri operatori se volevano fornire ADSL dovevano per forza installare propri apparati presso le centrali.
Se ciò fosse vero (attendo smentite) sarebbe però una grave contraddizione in quanto si tratta di aree a “fallimento di mercato”, in cui cioè gli operatori di telecomunicazioni non ritengono economicamente sostenibile investire per la copertura, con in più l’aggravante che Telecom Italia come aggiudicataria del bando è potuta partire per prima con la commercializzazione, saturando così il mercato e lasciando ancora meno margini possibili di ritorno agli OLO.
Il sospetto mi viene leggendo il bando, dove tra gli obblighi del beneficiario si parla genericamente di “offrire accesso in modalità wholesale e retail, interconnessione ad altri operatori ed il diritto di utilizzo di cavidotti di adeguata dimensione … nonché delle altre infrastrutture passive di rete e della fibra ottica spenta“.
Mmmhh, dico io, non era più semplice imporre l’inizio della commercializzazione solo quando almeno X operatori, oltre ovviamente Telecom Italia, fossero nelle condizioni tecniche e commerciali di offrire commercialmente l’ADSL, ovviamente supportando questo risultato?
Ciò avrebbe certamente evitato di avvantaggiare Telecom Italia, a mio avviso con una distorsione della concorrenza e incentivato migliori offerte commerciali per tutti noi.
In fondo proprio la Commissione Europea e le autorità italiane, si legge nel documento di approvazione degli aiuti, “non vogliono che nelle aree attualmente non coperte si affermi un’offerta monopolistica per i servizi a banda larga, ma auspicano la creazione di un mercato concorrenziale, specialmente ove sia previsto l’uso di fondi pubblici.“.
Cosa ne pensate?
Vai articolo originale: https://garda2o.wordpress.com/2014/01/16/banda-larga-in-regione-lombardia-le-indicazioni-delleuropa-e-il-dubbio-caso-del-fallimento-di-mercato/