Avrei scelto questo tema e non è detto che…

GigidesertoSecondo me il tema della maturità sul "viaggio" e "lo straniero" è affascinante, lo avrei scelto senz'altro anche perchè dopo le mie ripetute visite a Trieste e Gorizia, dove il confine si sente nell'aria, mi rendo conto che sono nato qui in un paese di frontiera che un colle separa da un'alrta nazione ma che quel confine non passa nelle lingue e nella vita di tutti i giorni.
Ascolto musica "di frontiera" perchè sto cercando di capire se ci aiuta a cancellarla nei nosti cuori la frontiera che ci impedisce di immaginare un futuro diverso.
Intanto mi trascrivo tutta la traccia e mi leggerò Magris.
Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi.
Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue.
Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; morta
li, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.
Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere
sempre pure dall’altraparte. In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo
degli italiani da Fiume dopo la Seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure il suo.
Quando ero un bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissim
a, era invalicabile, – almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, che divideva il mondo in due.
Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là cominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e
disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse dalla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza.
Una stessa realtà era insieme misteriosa e familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto.
Ogni viaggio implica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembrava vicino e ben conosciuto si rivela straniero e indecifrabile, oppure un individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni si mostrano affini e parenti.
Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più
bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza
per se stessi e il piacere del mondo.

Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2013/06/avrei-scelto-questo-tema-e-non-%C3%A8-detto-che.html

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