Non si finisce mai di scoprire, per fortuna

Non si finisce mai di scoprire, per fortuna
Ardi è, per usare le parole di Tim White, uno “strano collage”, e in generale assomiglia agli ominidi successivi molto più di quanto ci si aspettasse; cosa significa tutto questo? Vediamo prima in dettaglio di cosa stiamo parlando. La parte superiore del corpo di questa specie ci racconta di una vita passata sugli alberi: braccia lunghe e grandi mani dalle dita curve per muoversi tra le fronde aggrappandosi ai rami con presa salda. Fin qui niente di strano, sono adattamenti che ritroveremo anche nelle cronologicamente successive australoopitecine e nelle antropomorfe odierne, ma se si scende fino al bacino e oltre cominciano le sorprese: a quanto pare Ardi passava del tempo al suolo camminando su due piedi, senza aiutarsi con gli arti superiori.
Le ossa delle pelvi, per prima cosa, sono molto diverse da quelle degli scimpanzé e dei gorilla: in queste scimmie antropomorfe, che a terra camminano sulle nocche delle mani, sono quasi piatte e formano un apertura più stretta, mentre in Ardipithecus ramidus hanno una forma maggiormente “tondeggiante” e assomigliano di più a quelle delle australopitecine e degli ominidi nostri antenati di là da venire. Questa forma delle pelvi è un evidente adattamento per la posizione eretta, in quanto dona un supporto maggiore alle viscere durante la camminata bipede. Se si osserva il femore inoltre le prove che si spostasse in questa maniera sul terreno aumentano, perché questo formava con tibia e perone un angolo invece di disporsi in linea retta: un altro indizio che ci permette di affermare con sicurezza almeno una cosa: Ardi non camminava sulle nocche. Non bisogna però pensare a lui come a uno scimmione che se ne andava tranquillamente a passeggio per la savana, perché è molto probabile che camminasse solo ogni tanto su due piedi e passasse invece la buona parte della sua vita sugli alberi. Se si osserva il piede, in particolare, si nota che questo presenta un alluce estremamente divergente molto simile a quello delle antropomorfe, che inoltre è piatto invece che arcuato come il nostro ma, a differenza di gorilla e scimpanzé, possiede quel piccolo osso che nelle scimmie non antropomorfe (e negli esseri umani) permette di mantenere il piede rigido. Ardi poteva quindi compiere solo brevi tragitti con un incedere che a noi sembrerebbe goffo (probabilmente ondeggerebbe un po’, come le anatre), e tuttavia la sua locomozione era molto diversa da quella delle scimmie antropomorfe oggi viventi, tanto che i recenti studi che hanno proposto una locomozione diversa da quella di scimpanzé e gorilla per i nostri antenati comuni con loro (Pikaia ne ha parlato qui) ricevono ulteriore credito da questo ominide pliocenico.
Lo speciale di Science affronta anche gli aspetti riguardanti all’ambiente abitato da questa specie, che secondo l’ipotesi del gruppo di studiosi scendeva così spesso al suolo perché aveva una dieta molto più generalizzata degli scimpanzé odierni e quindi necessitava di sfruttare nuove fonti di cibo; tuttavia gli aspetti più interessanti (che occupano gli ultimi due articoli) sono sicuramente quelli riguardanti le implicazioni che Ardi ha per quanto riguarda l’aspetto del nostro antenato comune degli scimpanzé e il suo posto nella nostra filogenesi.
A quanto pare scimpanzé e gorilla si sono specializzati, lungo il corso dei milioni di anni, molto più di quanto (forse ingenuamente) non si fosse portati a credere. Generazioni di scienziati hanno considerato le antropomorfe africane come delle buone approssimazioni del nostro antenato comune con loro, ma questo e altri studi (come le già ricordate ricerche che mettono in dubbio l’origine comune della camminata sulle nocche per scimpanzé e gorilla) ci aiutano finalmente a perdere quella che forse è l’inconscia arroganza di voler essere “più evoluti” dei nostri “cugini” africani. A quanto pare entrambi siamo cambiati molto nel differenziarci dal nostro antenato comune: non siamo quella scimmia speciale che ha deciso di “elevarsi” lasciando indietro le altre, come spesso può capitare di pensare ai più ingenui.
Per quanto riguarda il posto di Ardi nella filogenesi degli ominidi, invece, la situazione si fa più difficile da districare. La proposta di Tim White, coerente con le sue teorie espresse già negli anni passati, è che Ardipithecus ramidus sia una cronospecie, ovvero uno stadio particolare di una lunga e diretta linea di discendenza, di una stessa specie che sarebbe “cominciata” con Ardipithecus kadabba e proseguita attraverso Australopithecus anamensis fino ad Australopithecus afarensis, dopo il quale la linea si sarebbe divisa in due: da un lato le altre australopitecine, dall’altro gli uomini. Non eventi continui di speciazione, quindi, ma una lunga linea di discendenza che man mano ha preso forme diverse per adattarsi al mutare dell’ambiente. Assieme a questa, in ogni caso, gli autori dello studio presentano altre due ipotesi in contrasto con la precedente: potrebbe esserci stato un evento di speciazione tra l’ultimo Ardipithecus e il primo Australopithecus oppure Ardipithecus ramidus potrebbe essere il frutto di una divisione ancora più antica nel ramo degli ominidi. La sistemazione di un reperto così antico in una filogenesi porta sempre con sé notevoli difficoltà e si presta spesso più che altro a essere utilizzato per confermare le proprie ipotesi di partenza: per questi motivi non mancheranno certo discussioni e diatribe, ma queste sono spesso il vero motore delle ricerche scientifiche.
Da qui si accede agli 11 articoli dello speciale di Science
Da qui si accede ad una galleria d’immagini
Da qui si accede ad alcune interviste a Tim White (1, 2, 3, 4)
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/10/tutto-su-ardi.html
Sto preparando il pezzo per Pikaia, nel frattempo siccome forse avrete sentito che Ardipithecus ramidus (un ominide molto molto antico, molto più della famosa Lucy per dire) ha finalmente un buon numero di ritrovamenti fossili e uno speciale tutto tuo su Science (a proposito, potete averlo con una semplice registrazione gratuita!) qualche buon link per chi proprio non sa aspettare (e legge l’inglese).
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/10/arriva-ardi.html
L’arrivo di Homo sapiens in Europa
Cosa è successo tra 48.000 e 30.000 anni fa, ovvero nel periodo compreso tra la prima attestazione della presenza sapiens in Europa e il momento in cui solo questa specie di Homo abitò il continente? John Hoffecker ha recentemente fatto il punto della situazione in un bell’articolo scritto per PNAS, offrendo una buona occasione per riassumere brevemente le conoscenze a riguardo anche qui, rimandando comunque a questo lavoro per una trattazione particolarmente esaustiva. L’uomo anatomicamente moderno si è evoluto in Africa e ne è poi uscito per diffondersi in tutto il mondo un poco alla volta, ma quando e come è arrivato in Europa? inoltre, qui ha incontrato un altra specie umana, i Neandertal, com’è stato il loro incontro? sono domande alle quali è complicato rispondere, il che le rende particolarmente interessanti. Ci sono alcuni motivi in particolare che rendono difficoltose queste ricerche, innanzitutto la natura dei ritrovamenti che finora hanno restituito scarsissimi reperti umani e che perlopiù consistono in strumenti litici non sempre facilmente attribuibili.
Le prime evidenze di presenza dell’uomo anatomicamente moderno in Europa risalgono a 48.000 anni fa e sono localizzate nell’area centro-sud-orientale del continente, tra la Polonia e la Bulgaria. La loro attribuzione è basata unicamente sul ritrovamento di artefatti, assegnati alla cultura Bohuniaziana (dal sito di Brno-Bohunice in Moravia), molto simili a quelli ritrovati nel Vicino Oriente (Israele, Libano e Turchia) e appartenti all’industria litica chiamata Emiranom incontrovertibilmente associata con l’uomo anatomicamente moderno, tuttavia è ormai accettata da buona parte degli archeologi. Similmente anche ritrovamenti più recenti, databili a circa 45.000 anni fa, in Europa centro-meridionale di strumenti litici detti Proto-Aurignaziani sono attribuiti all’uomo anatomicamente moderno solo sulla base della somiglianza con un cultura, l’Ahmariano, del Vicino Oriente e incontrovertibilmente sapiens. Questi due gruppi di testimonianze rappresentano molto probabilmente le due ondate migratorie con le quali Homo sapiens è arrivato inizialmente in Europa dal Vicino Oriente e attraversando i Balcani, segnando l’inizio di una nuova era per questo continente. Altre vie d’ingresso, come la penisola Iberica e il Caucaso, sembrano meno probabili poiché in queste aree l’uomo di Neandertal è presente fino a un’epoca molto tarda.
I siti di cui si è detto fin qui, così come quelli dell’Europa centrale dove si ritrovano le stesse culture litiche, mostrano inoltre un ulteriore aspetto dell’immigrazione sapiens in Europa: innovazioni negli strumenti litici e nell’organizzazione dei siti, che in seguito si succederanno a una velocità vertiginosa permettendo il perfetto adattamento dell’ambiente alle esigenze della nostra specie. Se infatti in un primo momento questa venne favorita dal clima divenuto temporaneamente più mite, uno dei motivi per cui l’Homo sapiens riuscì ad affermarsi in una nicchia ecologica per la quale i Neandertal erano decisamente più adattati fu un costante progresso tecnologico, che adattava sempre meglio l’ambiente alle esigenze della specie.
La questione del rapporto tra Homo sapiens e Homo neanderthaliensis è infine complicata da due ordini di testimonianze che apparentemente si contraddicono a vicenda: da un lato l’analisi del genoma dell’uomo contemporaneo, dei CroMagnon e dei Neandertal indica come questi ultimi non abbiano lasciato tracce nel nostro DNA (sia nucleare che mitocondriale), dall’altro lato alcuni reperti ambigui e apparentemente ibridi (se n’è parlato anche qui su Pikaia) sembrano raccontare una storia diversa, e alcuni ritrovamenti di strumenti costruiti da un taxon con le ossa dell’altro complicano il quadro. Comprendere la maniera in cui l’uomo anatomicamente moderno si è affermato in Europasarà difficile finché non verrà risolta la questione del rapporto coi Neandertal, tuttavia questa è probabilmente la sfida più interessante per chi si occupa dell’Europa preistorica.
John F. Hoffecker, “The spread of modern humans in Europe“, PNAS
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/10/immigrati-delleta-della-pietra.html
Pezzo originalmente pubblicato su Pikaia
Anche dopo cinquantanni di ricerca sul campo gli scimpanzé non smettono di stupire per il loro modo ingegnoso e flessibile di costruire strumenti e trovare nuove soluzioni per sopravvivere. I risultati del recente studio pubblicato sul Journal of Human Evolution da Christophe Boesch, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, e svolto tra gli scimpanzé dell’Africa centrale (Pan troglodytes troglodytes) a Loango in Gabon confermano difatti le scoperte fatte da Sanz e Morgan, ricercatori presso lo stesso istituto, nel triangolo di Goualougo nella vicina Repubblica Democratica del Congo, recentemente riesaminate dagli stessi autori per l’International Journal of Primatology.
Quello che colpisce maggiormente dei comportamenti di uso di strumenti osservati in questi due siti e che non è stato ancora riscontrato in altre zone dell’Africa è una caratteristica particolarmente raffinata, ovvero l’uso seriale di utensili e quindi la creazione di veri e propri “set” utilizzati poi per raggiungere lo scopo prefissato. L’innovazione tecnologica più interessante tra quelle osservate daBoesch è rivolta a recuperare il miele dagli alveari, sia quelli sotterranei che quelli posti sugli alberi a venti metri di altezza o al livello del terreno all’interno dei tronchi caduti al suolo: in questi casi gli scimpanzé possono rompere l’alveare con un grosso ramo, allargare il buco con una leva più piccola e quindi inserire un ultimo ramoscello, ancora più sottile, per estrarre il miele. In alcuni casi, infine, sono stati visti gli scimpanzé utilizzare pezzi di corteccia per raschiare ulteriore miele dall’alveare e, ancora più interessante, sottili sonde per individuare gli alveari sotterranei. Questa fonte di cibo non sembra particolarmente nutritiva in rapporto alle energie utilizzate per ottenerla, e si può dire che l’unico scopo che spinge questi animali a utilizzare una sequenza di cinque strumenti, la più lunga mai registrata, sia la golosità.
Una fonte di cibo più tipica della specie sono le termiti, e uno dei set di strumenti osservati da Sanz e Morgan riguardanti questo tipo di approvvigionamento ricorda molto i risultati dello studio di Boesch. Tra gli scimpanzé del triangolo di Goualougo capita infatti che termitai sotterranei vengano dapprima individuati con sonde sottili, quindi raggiunti scavando con un bastone reso appuntito e infine “pescati” alla classica maniera degli scimpanzé. É bene precisare che anche a Goualougo gli scimpanzé si nutrono di miele estratto dagli alveari, seppure non lo estraggono dagli alveari sotterranei, e in buona sostanza gli scimpanzé di queste due aree condividono comportamenti simili che fanno pensare a un’origine comune e a una trasmissione regionale per via culturale, cosa di cui questi animali sono ormai quasi univocamente considerati capaci.
Le implicazioni di queste scoperte sono notevoli, specialmente se si considerano altre osservazioni fatte in questi due luoghi. Lo stesso ramo, ad esempio, è a volte lavorato in due maniere diverse per lato così da servire a due scopi diversi, e in generale queste scimmie ottengono strumenti diversi dallo stesso materiale di partenza, ovvero una particolare pianta che può essere usata per pescare sia termiti che formiche arboricole a seconda della maniera in cui viene preparata. Sembra quindi fuor di dubbio che comprendano la funzione degli strumenti che creano, e che li costruiscano in funzione di essa. Il semplice fatto di utilizzare serie di strumenti inoltre dimostra la loro raffinata capacità di progettare le loro azioni in vista di uno scopo futuro, specie se si considera che strumenti particolarmente pesanti come il primo della sequenza del miele (quello utilizzato come ariete per creare un buco nell’alveare) vengono lasciati vicino all’alveare a svariati metri di altezza per essere riutilizzati in futuro invece che lasciati cadere al suolo come capita agli altri utensili.
L’ipotesi di Sanz e Morgan sul perché queste raffinate tradizioni tecnologiche si trovino solo qui in Africa centrale è che queste siano nate per necessità, dato che nella regione gli scimpanzé convivono con i gorilla in molte aree, e poi tramandate alla maniera in cui tanti altri comportamenti del genere si sono fatti strada tra le popolazioni di scimpanzé in Africa. Inoltre prende sempre più forza l’ipotesi che anche prima dell’emergere della cultura olduvaiana circa 2,5 milioni di anni fa i nostri antenati facessero uso di strumenti complessi, ricavati non dalla pietra ma da altri materiali troppo facilmente deperibili per poter essere ritrovati oggi negli strati archeologici.
Una cosa certa, ad ogni modo, è che queste nuove scoperte rendono ancora più labili le differenze tra gli strumenti dell’uomo e quelli delle scimmie antropomorfe. Il vecchio concetto di Homo faber, che marcava un confine tra noi e i nostri parenti prossimi, si scontra quindi e per l’ennesima volta con Pan, la scimmia che da cinquantanni ci ricorda da dove veniamo.
Riferimenti:
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/10/lingegnere-della-giungla.html
mi è arrivata giusto oggi una mail:
più in dettaglio le tre serate saranno:
– 27 ottobre 2009
Ospiti discreti nei parchi italiani.
Insieme a Francesco Tomasinelli, biologo e fotogiornalista, e Laura Floris, giornalista e condirettore della Rivista della Natura (Edinat), parliamo di curiosi fenomeni del mondo degli anfibi e dei rettili di casa nostra e andiamo alla scoperta della Rivista della Natura e delle Guide alle aree protette italiane (Edinat). Sarà l’occasione per visitare alcuni luoghi con l’occhio dell’erpetologo e scoprire comportamenti inconsueti.
Moderano l’incontro Anna Pisapia, giornalista scientifica, e Anna Rita Di Cerbo, erpetologa e ricercatrice del CSFV
– 10 novembre 2009
Paradisi europei del birdwatcher.
Giuseppe Brillante, giornalista e fotoreporter, e Stefano Brambilla, giornalista, autori del libro Birdwatching In Europa (Muzzio), ci illustrano alcune delle mete irrinunciabili dove osservare gli uccelli nel vecchio continente. Capiremo i trucchi per diventare birdwatcher provetti, senza dimenticare il galateo e il rispetto per l’ambiente.
Moderano l’incontro: Anna Pisapia, giornalista scientifica, e Stefano Aguzzi, ornitologo e ricercatore del CSFV.
Imho già la combinazione scienza+natura+ingresso libero dovrebbe farvi correre a svuotare l’agenda, e vi ricordo che non stiamo parlando di noiose lezioni universitarie sulle interazioni reciproche degli elementi della tavola periodica* ma di gente che racconta com’è farsi una scampagnata naturalistica in posti stupendi, ma se proprio non siete interessati al birdwatching (pazzi!) almeno non perdetevi Ferrari e Serrelli che, ok sono dei pikaiani come me e potrei quindi essere un filo parziale, meritano ogni minuto del vostro tempo.
Ah, un’ultima importante cosa:
Sede delle conferenze: Museo Civico di Storia Naturale, corso Venezia 55, Milano, tel. 02 88463280 – Info-Point 02 88463337
Come arrivare: M1 Palestro – Passante ferroviario P.ta Venezia
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/09/fwd-conferenze-gratuite-al-museo-di.html
(Ho deciso che siccome scrivo saltuariamente per Pikaia e qua a destra ho messo pure un link che rimanda a una raccolta dei miei articoli scritti in quella sede, tanto valeva fare un po’ di numero e ripostarli anche qui. La data è discrepante per questioni tecniche, in realtà sto postando qualche giorno dopo l’uscita del pezzo su Pikaia)
I primi fossili di Algeripithecus sono venuti alla luce nel 1992, e già da tempo si sapeva dell’esistenza di Azibius, ma in entrambi i casi si trattava di pochi frammenti che portavano con sé qualche difficoltà di attribuzione. Pubblicato sui Proceedings B of Royal Society, lo studio svolto da un team di ricercatori francesi dell’Institute de Sciences de l’Evolution dell’università di Montpellier assieme a paleontologi algerini dell’università di Tlemcen, Oran e Jijel mette finalmente a disposizione una notevole quantità di dati e fa ulteriore chiarezza sulla vicenda.
Il team di ricercatori ha lavorato nel sito di Glib Zegdou, in Algeria Nordorientale, recuperando frammenti del cranio e dei denti dei due primati, comprese alcune mandibole praticamente complete. Proprio dalle mandibole è venuto fuori uno degli indizi più rilevanti nello spostare Algeripithecus (e di conseguenza Azibius, che vi è strettamente imparentato) tra le Strepsirrhine: i canini inferiori presentano un alveolo dentario lungo e piatto, caratteristica che ben si sposa col caratteristico “dente a pettine” dei lemuri, una particolare conformazione di incisivi e canini inferiori che, orientati orizzontalmente verso l’esterno, vengono utilizzati anche per il grooming. Altre caratteristiche dei reperti hanno inoltre evidenziato in Azibius la presenza di adattamenti alla vita notturna, un’altra caratteristica notevolmente diffusa tra le Strepsirrhine.
Ricollocare questi fossili significa spostare di almeno 15 milioni di anni la data in cui si hanno prove certe della presenza di scimmie antropoidi africane, ovvero all’Egitto dell’epoca compresa tra 38 e 30 milioni di anni fa, oltre che riconsiderare la variabilità delle Strepsirrhine dell’epoca che si fa inaspettatamente vasta. Asia o Africa quindi? Questa scoperta non basta di per sé a far pendere la bilancia da un lato o dall’altro della contesa, fa però sicuramente ripartire un dibattito sul quale si era quasi certi di aver raggiunto un punto fermo.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/09/la-caccia-alla-prima-scimmia-antropoide.html
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/09/winter-is-coming.html
Forse non vi eravate accorti che quest’anno fanno duecento rivoluzioni della terra attorno al sole dalla nascita di Charles Darwin, uno dei pensatori, scienziati e uomini di genio più influenti degli ultimi…beh, di sempre. La sua semplice ma incredibilmente potente idea su come il mondo che vediamo oggi attorno a noi sia pian piano diventato quello che è ha influenzato generazioni di scienziati, scrittori, artisti e chi più ne ha più ne metta. Cosa ancora più importante, il nocciolo duro di quella teoria, la sua parte essenziale, è ancora valida e utilizzata in tutte le scienze del vivente nonostante gli anni e le precisazioni che gli si sono accumulate addosso.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://paguropagano.blogspot.com/2009/08/darwin-now.html
Forse non vi eravate accorti che quest’anno fanno duecento rivoluzioni della terra attorno al sole dalla nascita di Charles Darwin, uno dei pensatori, scienziati e uomini di genio più influenti degli ultimi…beh, di sempre. La sua semplice ma incredi…
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://paguropagano.blogspot.com/2009/08/darwin-now.html
Forse non vi eravate accorti che quest’anno fanno duecento rivoluzioni della terra attorno al sole dalla nascita di Charles Darwin, uno dei pensatori, scienziati e uomini di genio più influenti degli ultimi…beh, di sempre. La sua semplice ma incredibilmente potente idea su come il mondo che vediamo oggi attorno a noi sia pian piano diventato quello che è ha influenzato generazioni di scienziati, scrittori, artisti e chi più ne ha più ne metta. Cosa ancora più importante, il nocciolo duro di quella teoria, la sua parte essenziale, è ancora valida e utilizzata in tutte le scienze del vivente nonostante gli anni e le precisazioni che gli si sono accumulate addosso.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://paguropagano.blogspot.com/2009/08/darwin-now.html
Forse non vi eravate accorti che quest’anno fanno duecento rivoluzioni della terra attorno al sole dalla nascita di Charles Darwin, uno dei pensatori, scienziati e uomini di genio più influenti degli ultimi…beh, di sempre. La sua semplice ma incredibilmente potente idea su come il mondo che vediamo oggi attorno a noi sia pian piano diventato quello che è ha influenzato generazioni di scienziati, scrittori, artisti e chi più ne ha più ne metta. Cosa ancora più importante, il nocciolo duro di quella teoria, la sua parte essenziale, è ancora valida e utilizzata in tutte le scienze del vivente nonostante gli anni e le precisazioni che gli si sono accumulate addosso.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://paguropagano.blogspot.com/2009/08/darwin-now.html
Forse non vi eravate accorti che quest’anno fanno duecento rivoluzioni della terra attorno al sole dalla nascita di Charles Darwin, uno dei pensatori, scienziati e uomini di genio più influenti degli ultimi…beh, di sempre. La sua semplice ma incredibilmente potente idea su come il mondo che vediamo oggi attorno a noi sia pian piano diventato quello che è ha influenzato generazioni di scienziati, scrittori, artisti e chi più ne ha più ne metta. Cosa ancora più importante, il nocciolo duro di quella teoria, la sua parte essenziale, è ancora valida e utilizzata in tutte le scienze del vivente nonostante gli anni e le precisazioni che gli si sono accumulate addosso.
E insomma mi sono reso conto che gira che ti rigira si fanno sempre gli stessi errori, e anche questo blog è partito con la stessa piega sbagliata del mio primo (In che senso?). In breve: mi stavo prendendo troppo sul serio, e su un blog non è davvero il caso poichè questi hanno bisogno di nutrirsi del personale, del vissuto di chi li scrive, anche e forse soprattutto quando non parlano mai davvero di chi li scrive. Intendiamoci, questo non sarà mai il mio diario nè racconterà mai i miei tormenti adolescenziali (anche perchè ho 25 anni), ma non deve nemmeno essere una brutta copia di una rivista o di un giornale. Qui, d’ora in poi, ci troverete un ragazzo e (spero) futuro dottorando simpatico che alterna lunghi pezzi “accademici” (ma il meno legnosi possibile, e magari un po’ spiritosi se ci si riesce) di storia della scienza o divulgazione a raccontini, battute, segnalazioni conditi della parte pubblica della mia vita. Ed è così che si scrive un blog, credo (un anno di esperienza a scrivere di politica e attualità, perlomeno, mi dice che è una strategia che piace al lettore e rende più leggero lo scrivere al blogger).
Altrimenti, vi esorto a scrivere nei commenti una frase in dialetto trentino che esemplifica la situazione: “valà valà, vei zò da figher!” (“valà valà, vieno giù dal fico”).
p.s. Visto che, come ho scritto nell’ultimo post, l’Estate è tempo di repliche vi riporto anche un vecchio pezzo che scrissi un anno e qualche mese fa, quando mi resi conto di quello di cui mi sono reso conto oggi; è lungo, non leggetelo se avete di meglio da fare.
Oggi volevo scrivere un po’ di questo blog, che circa tre mesi fa ho cominciato ad aggiornare con costanza nonostante la pagina fosse stata creata già qualche mese prima (c’erano un paio di post di prova, ora cancellati). Volevo, ma mi sono reso conto che sarebbe a) noioso per voi b) noioso per me c) Franco d) in controtendenza rispetto a come ho deciso di impostare il blog, e lì per lì non mi sembrava più il caso, finchè non mi sono reso conto di starmi prendendo troppo sul serio. Non so voi, ma a me l’idea di prendermi troppo sul serio (checché ne dica il mio coinquilino, che mi ha esortato a prendere questo blog perlappunto maggiormente sul serio) non piace per niente, sarà per via delle mie origini trentine ma mi sembra di sentire qualcuno che mi urla dietro “vèi zò dal figher!” (“vieni giù dal fico”, per chi non capisse), riportandomi coi piedi ben saldati al terreno. E quindi, ricapitolando, devo parlare del blog. Credo.
Divagazione n.1
Voi ve lo ricordate quando sono usciti i primi blog? ecco, bravi, io no. Ricordo vagamente che mentre a casa mia arrivava l’adsl flat (e finivano le bollette salatissime del 56k) qualcuno ogni tanto tirava fuori questa storia che c’erano i famosi blogger, gente scaltrissima che faceva tremare tutti nelle direzioni dei Grandi Giornali (in Trentino no, se vai da un trentino e gli dici che ci sta gente scaltra che fa tremare i Grandi Giornali quello ti lancia lo sguardo che si riserva ai pazzi e poi riprende a leggere l'”Adige”), ma non si sapeva bene chi fossero, o perlomeno io e i miei amici eravamo troppo occupati a passare da Napster a WinMx, da WinMx a Kazaa e da Kazaa a eMule per preoccuparcene. La rete allora era solo una grande banca dati, e io non avevo ancora la fame di informazioni che mi sarebbe venuta dopo.
Crescendo e passando di classe in classe cominciavo a diventare più colto, i miei voti salivano (non di tanto) ed essendo da sempre portato per le materie umanistiche (anche se con un professore di Scienze che non avesse fatto per buona parte Chimica forse sarei finito a Biologia) saliva in me anche la voglia di scrivere e di tenere uno dei famosi blog (che nel frattempo erano sempre più famosi, parlo del 2002-2003 circa). Il problema però era (è?) che mi mancavano sia gli argomenti sia la capacità di scrivere in maniera piacevole da leggere, e capirete che non sono due cose da niente, perciò il progetto naufragò…una mezza dozzina di volte. Eppure sembrava così facile per gli altri blogger! loro si mettevano alla tastiera e raccontavano le loro vite, apparentemente così interessanti ma a guardar bene molto ordinarie, e io che avevo una vita scoppiettante (a paragone di alcuni di loro, perlomeno), non riuscivo ad aprirmi o a scrivere qualcosa. Più tardi trovai uno sfogo per la voglia di scrivere (un gioco di ruolo testuale on line che mi tenne occupato quasi 3 anni, più un paio di forum connessi, ma è un’altra storia), ma questa cosa del blog che non riuscivo a scrivere mi rimase dentro, come quelle vesciche che si formano in bocca: a un certo punto ti dimentichi di averle, ma prima o poi la lingua ci passa sopra ricordandoti il fastidio che provocano.
Intermezzo
C’è da dire che ho cominciato a seguire seriamente alcuni blog solo da qualche mese, ovvero da quando ho cominciato a seguire quello di un mio ormai ex coinquilino, riscoprendo sia il piacere un po’ morboso di entrare per un poco nella vita degli altri in loro assenza sia quello di crearsi il proprio bar raccogliendo qua e là qualche fonte di dati e opinioni. E poi in tutto questo tempo (i 3 anni di prima) sono cresciuto, ho cominciato a diventare più consapevole del mondo in cui vivo e per il quale posso lottare, ho cominciato e ormai quasi finito l’università. Era forse così banale il problema? mi bastava accumulare qualche nozione e affinare un poco il senso critico? non lo so, ma ha funzionato.
Divagazione n.2
La colpa è di Berlusconi. Voglio dire, da quello che ho capito c’è una generazione che più o meno lo odia, gli attuali trentenni, una che più o meno lo ama, i ragazzini d’oggi, e io sto nel mezzo. Non nel senso che non lo odi, anche se forse lo faccio un po’ più freddamente, ma nel senso che il rapporto che la mia generazione ha con Berlusconi mi è sempre sembrato più complicato. Credo non ci pensi mai nessuno, ma la mia è la prima generazione che ha avuto sempre davanti Berlusconi e che in qualche maniera è cresciuta con lui, ma allo stesso tempo l’ultima che ha ha un vivo ricordo di Mani Pulite e delle monetine a Craxi, della Democrazia Cristiana universalmente riconosciuta come ladra e mafiosa (oggi tira aria di riabilitazione) e con un po’ di sforzo anche della caduta del Muro. In qualche maniera noi abbiamo sempre saputo che Berlusconi è un’anomalia, ma spesso ci sembra un’anomalia tutto sommato inevitabile, è un rapporto strano, che per molti non si risolverà mai in un giudizio vero e proprio.
Cresciuto in un ambiente un po’ ovattato, la mia presa di coscienza politica è avvenuta a scoppio ritardato e alla fine gira che ti rigira sempre perchè Berlusconi stava davvero esagerando, forse un po’ lo dovete ringraziare se vi piace questo blog (ma non fatelo con troppa convinzione). Col tempo ho studiato anche un po’ di teoria politica, e sono arrivato al punto da comprarmi storie del pensiero politico come quella di Chevalier per il solo fatto di averla trovata a metà prezzo (e non costa poco nemmeno scontata), oltre a volumi e volumi di storia e di attualità. Forse sto pure cominciando a entrare nell’età dell’attivismo, vedremo, sarebbe quasi ora. Insomma, da un’entrata nel “mondo degli argomenti da grandi” impulsiva, dettata dal midollo spinale, ora riesco pure a sostenere conversazioni interessanti, credo.
Cosa dovrebbe uscire da tutto ciò?
Confesso che mi sono un po’ perso, dov’ero rimasto? ah si, cosa vuole questo blog dal mondo (o più semplicemente da me). Beh, alla fine mi sono reso conto che non erano le nozioni e la capacità di scrivere a mancarmi, o mancavano ma non era importante perchè quello che mancava era la voglia di mettere la propria vita in rete. Me ne sono reso conto, perlappunto, quando mi sono fermato la prima volta che volevo parlare del blog (e quindi di me), ed è per questo che alla fine mi sono sforzato di fare oggi quello che non sono mai riuscito a fare, forse in una maniera che non avevo mai provato. Fateci caso, questo post parla di me ma non sembra davvero importante, e questo perchè ha anche altro da dire, dietro quella patina personale che sembra avvolgerlo. Per questo credo supererò il “complesso” che finora mi aveva fatto scrivere come se fossi un giornalista stipendiato da qualche testata un po’ faceta, e comincerò a metterci anche un po’ di me in questo blog. Anche per umanizzare una pagina che ha il difetto di sembrare, a volte, un po’ “artefatta”, freddina e forse un po’ legnosa.
Dove voglio arrivare? da nessuna parte in particolare, ma credo che aumentare gli accessi sia sempre piacevole, soprattutto per chi scrive pezzi destinati, idealmente, a essere letti da altre persone. Per questo, forse, ultimamente mi sta prendendo la sindrome da blogger novellino. Ma passerà, passano sempre queste manie, l’importante è che io non perda la voglia di scrivere, perché quello serve soprattutto a me per mettere in ordine i pensieri e costringermi a riflettere su quello che accade, racimolando pazientemente i dati necessari a inventarsi una spiegazione soddisfacente. Ed è una cosa che viene meglio se si ha anche un pubblico, reale o immaginario, da soddisfare.
post scriptum
Siete arrivati fino in fondo? secondo il contatore sono 8524 caratteri, complimenti! io, per esempio, non ho voglia di ricontrollare quello che ho scritto.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/08/gli-stessi-errori-sono-sempre-gli.html
(Estate tempo di repliche, questo pezzo lo scrissi per il vecchio blog ma oggi lo stavo rileggendo e mi ha fatto ridere come quando lo scrissi perciò ecco a voi la migliore delle mie tre prese in giro dei testimoni di Geova. Ah, un’avvertenza: il pezzo è del 23 Maggio scorso e si riferisce quindi ai contenuti presenti sul sito dei Testimoni di Geova un anno fa, pertanto se andrete a visitarlo oggi non troverete gli articoli di cui parlo, ad ogni modo all’epoca non ne ho inventato nessuno)
Design accattivante, interfaccia multilingua (fino a 314!), nessuna iscrizione richiesta. Non sto parlando di un nuovo sito porno, ma bensì’ (qualcuno dirà purtroppo) del sito internet dei testimoni di Geova, vero e proprio gioiellino in un web sempre più traviatore e falloinvaginacentrico.
Per chi avesse perso la propria bussola morale, o non l’avesse mai davvero trovata, ecco in un moderno e pratico formato tutte le perle di saggezza(da concedere anche ai metaforici porci nel caso dei nostri eroi, purchè siano campanellomuniti) che a scadenza più o meno regolare vengono stampate su ameni e ormai quasi introvabili giornalini (ah, la crisi delle vocazioni!). Vi mancava il numero di gennaio 2005 di “Svegliatevi!” dove si pontificava con gran sagacia sulla mancanza di spiritualità dei giovani? o quello di aprile 2003? o quello di dicembre 1998? o quello di…voglio dire, vi mancava un qualsiasi numero di “Svegliatevi” dove si pontificava sulla mancanza di spiritualità dei giovani?(in pratica tutti i numeri di questa impagabile rivista) ecco che con un po’ di culo potete trovare lo stesso articolo (o uno dei tanti identici) e volendo la sede dei testimonial più vicina a casa vostra, per farvelo raccontare da chi sicuramente lo conosce a memoria.
E non finisce qui! il sito non si limita a essere un archivio di vecchi articoli (in effetti non ha una vera e propria sezione archivio), bensì un utilissimo vademecum del buon geovano o aspirante tale. Difatti, con ammirevole spirito di completezza, il sito è diviso in più sezioni: argomenti, credenze, futuro, salute; più un’appendice dedicata alle pubblicazioni a cura della chiesa di Geova (è una chiesa, no?).
Argomenti:
Apparentemente la sezione più vitale e ribollente di novità del sito, quella dove trovano spazio i temi più scottanti ed attuali, rifuggenti una catalogazione precisa come anarchici decisi a piazzare bombe morali nelle nostre coscienze. E difatti il primo della serie: “Perchè andare dal dentista? “ci sconvolge come un pugno a due mani in pieno petto che ci svegliasse durante il sonno notturno. I dentisti possono aiutarvi a evitare il grande disagio dovuto al mal di denti o alla loro perdita. Con la vostra cooperazione cercano di combattere gli effetti della placca, una patina molle formata da batteri che aderisce ai denti, non è forse una guerra santa anche questa? Un po’ di cure e zac! via la placca, segno indelebile del peccato di gola. Andando avanti con gli articoli della sezione si trovano “La Bibbia: è pratica ancora oggi?” (in realtà un classico senza tempo, strano trovarlo qui) e “Il polline: vita in polvere” del quale in realtà la redazione di Scienzology sta ancora cercando di decifrare le ragione. A chiudere la sezione due brevi saggi che pongono scomode domande all’uomo della strada: “La crudeltà finirà mai?” e “Dov’è diretto questo mondo?”. Un’anticipazione riguardo a questi due pezzi:”Gesù aveva previsto tutto, gnègnègnè!”.
Credenze:
Sezione decisamente più soft, mescola notizie basilari sul movimento (“I testimoni di Geova: chi sono? in cosa credono?”) a gossip di bassa lega sull’idolo del momento (“Chi è Gesù Cristo?”). Nell’insieme è la sezione dei geovani più conservatori, interessati più che altro a mantenere una linea sobria, di basso profilo. In quest’ottica sembra stonare l’evidente apertura al mondo della droga nel saggio “La Bibbia può aiutarvi a provare vera gioia” dove si segnalano le librerie nelle quali è possibile acquistare la speciale edizione delle Sacre Scritture foderata in pelle di rana. Confidiamo in un errore del webmaster.
Futuro:
L’unico pezzo che sembra davvero dar ragione al nome della sezione è”Quale futuro per i senzatetto?” ma in realtà si limita più che altro a constatare il problema: “Si può sperare in una soluzione definitiva” è difatti solo una domanda dal sapore retorico (e peraltro, per la scelta dei termini, vagamente inquietante). Il resto della sezione sembra non avere un vero e proprio criterio, tuttavia alcuni pezzi sono meritevoli di segnalazione.”Perchè conoscere Dio?” è in effetti molto persuasivo, pare difatti che regalino un set di pentole e con le prime cento telefonate aggiungono una bicicletta con cambio shimano. “La Terra: un pianeta ideale” è poco più di un depliant turistico, ma ci sono offerte interessanti per il periodo fine agosto/inizio settembre. “C’è speranza di pace nel nostro tempo?” spicca per la sua chiarezza, limitandosi a un monosillabo: “no”.
Salute:
Vero e proprio cavallo di battaglia del fronte fondamentalista geovano, il tema della salute fa sentire tutta la sua dirompenza in saggi spietati che mirano a non fare prigionieri. Vengono analizzati gli immani pericoli che si annidano nelle trasfusioni di sangue (“Trasfusioni di sangue: sono sicure?”), vera e propria strage della nostra epoca per numero di caduti sul campo, si prospetta un futuro senza malattie grazie all’intervento divino predetto da Isaia e non, come certi scientisti vorrebbero, grazie ai progressi della medicina (“Mai più malattie!”) e si analizza persino il mutare del rapporto medico/paziente durante la fase storica di transizione alla fine delle mezze stagioni (“Nei panni dei medici”). Articolo interessante quello sugli steroidi (“Cosa c’è da sapere sugli steroidi?”), che ovviamente un ragazzo dabbene deve rifiutare: “Mostrerei di essere grato a Geova per avermi dato un corpo “fatto in maniera tremendamente meravigliosa” se assumessi delle sostanze che in ultima analisi lo danneggiano?’ — Salmo 139:14”, sembra inconfutabile.
In chiusura, un’occhiata alle pubblicazioni segnalate:
– “Il più grande uomo che sia mai esistito”, biografia molto accurata di Giuliano Ferrara (che non sospettavo nutrisse simpatie geovane). Particolarmente toccante il capitolo dedicato alla scorsa campagna elettorale, quando per le sopravvenute ristrettezze economiche il nostro ha dovuto far elemosina di verdure e uova nelle pubbliche piazze.
– “Cosa insegna realmente la Bibbia?”, edizione critica delle Sacre Scritture dal taglio decisamente avanguardistico e , passateci il termine, vagamente revisionistico. L’autore suggerisce che il testo sia in realtà un vero e proprio manuale su come perseguitare un popolo.
– “Salvare la vita col sangue: in che modo?”, libriccino agile ma ci assicurano efficace contenente una serie di diete dimagranti a base ematica. Pensavate ci fosse solo il sanguinaccio? in tal caso questo libro vi stupirà.
Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/08/testimoni-di-geova.html