«Arte in viaggio. Collezioni, nobili dimore e viaggi. Dal Cinquecento al Novecento» è la nuova mostra della Casa degli Artisti «Giacomo Vittone» a Canale di Tenno.
Realizzata in collaborazione con il Centro Studi Judicaria, è allestita dal 9 aprile al 19 giugno, con inaugurazione sabato 9 aprile alle ore 18. La cura è di Roberta Bonazza.
Una nobile dimora estiva, palazzo d’Arco-Trentini a Villa di Bleggio, per la prima volta concede la sua preziosa collezione di opere d’arte alla visione del pubblico, per un percorso espositivo che rappresenta un viaggio attraverso diversi momenti della storia dell’arte, dal Cinquecento al Novecento. Una trentina di opere pittoriche della collezione del proprietario, Gian Marco Trentini, che delinea efficacemente le diverse stagioni artistiche di questo complesso e denso mezzo millennio. Il titolo «Arte in viaggio» vuole rimarcare la dinamica e i passaggi di luoghi ai quali le opere d’arte sono sottoposte nel corso del tempo: passaggi di eredità, momenti di decadenza, aste, collezionisti concorrono a eternare ciò che è stato realizzato in epoche diverse.
Tra gli artisti in mostra, Scipione Pulzone, Giuseppe Craffonara, Fortunato Depero, Roberto Marcello Baldessari, Vittorio Corona, Mario Sironi, Luigi Bonazza, Karl Plattner, Riccardo Schweizer, Mauro Cappelletti, Aldo Schmid e Omar Galliani.
Le stanze vuote del palazzo, già dimora estiva dei conti d’Arco, dopo l’acquisto dell’attuale proprietario Gian Marco Trentini hanno preso colore attraverso nuove opere scelte in funzione della storia del palazzo.
In mostra, la possibilità di ripercorrere alcune storie curiose legate alle opere esposte.
Al riguardo, le due composizioni floreali presenti nella sezione del Seicento attribuite a Francesca Volò detta Vin- cenzina (Milano, 1657-1700) e alla sorella Margherita Volò Caffi (Cremona, 1647-Milano, 1710) fanno affiorare una storia poco nota. Vincenzina veniva così chiamata in virtù del suo operare nella bottega del padre Vincenzo Volò (Neuchâtel, Francia, 1620 – Milano, 1671) che, giunto a Milano in torno alla metà del 1600, creò un fiorente mercato di nature morte, molto in voga nelle famiglie nobili del tempo. La bottega dove si realizzavano le nature morte prese il nome di bottega dei “Vincenzini”, patronimico assunto da tutti i figli per rendersi riconoscibili sul mercato lombardo, quasi una firma di famiglia. La figlia Francesca si guadagnò il titolo di virtuosa pittrice milanese dell’Accademia di San Luca. Della sua maestria e della dedizione alla bottega di famiglia poterono giovarsi la sorella Margherita e il fratello Francesco, che ebbero in vita più fortuna di lei (la sorella anche in conse guenza del matrimonio con il pittore Ludovico Caffi). Il talento pittorico di Vincenzina e della sorella Margherita è stato oggi rivalutato e le opere proposte in mostra contribuiscono a rendere il meritato onore all’avventura pittorica delle Vincenzine.
Nella sezione dell’Ottocento si trovano i ritratti dei coniugi Ambrosoli dipinti da un anonimo pittore di area lombarda, che permettono di incontrare lo sguardo di Filippo Ambrosoli (Milano, 1823-Napoli, 1872) e della moglie Aurelia Belloni. Figlio del letterato Francesco Ambrosoli, Filippo fu un giurista di valore, noto per gli studi sulla redazione di un nuovo codice penale unico per tutto il Regno, in sostituzione di quello toscano e di quello piemontese del 1859. Nel dicembre del 1863 fu chiamato a Torino come sostituto direttore di divisione degli affari penali del Ministero della Giustizia e contribuì all’evoluzione conoscitiva nell’ambito della giurisprudenza nel delicato momento dell’unificazione d’Italia. L’anonimo pittore che ha ritratto Filippo Ambrosoli e la moglie, ha donato l’immagine dei loro volti alla storia.
Nella sezione dedicata al Novecento i racconti si fanno più vicini.
Il treno che corre di Roberto Marcello Baldessari fa sentire le scintille dei futuristi incontrati a Firenze al Caffè Giubbe Rosse. La pittorica raffinata di un artista che mai smette di sperimentare, a partire dalla sua formazione alla Scuola Reale Elisabettina di Rovereto per approdare all’Accademia di Belle Arti a Venezia (dove entrò in contatto con il gruppo di Ca’ Pesaro) fino agli incontri con il Dadaismo e l’Astrattismo dell’ultima parte della vita.
Tra le opere dei trentini, colpisce un autoritratto di Riccardo Schweizer (Mezzano, 1925-Casez, 2004) in cui l’artista si ritrae in bianco e nero, con un volto senza dettagli. Dopo avere a lungo viaggiato e incontrato grandi personalità del mondo artistico (Pablo Picasso, Marc Chagall, Jean Cocteau, Massimo Campigli, Le Corbusier), nell’autoritratto del 1999 scrive sul retro della tela una dedica malinconica, quasi un commiato: “L’uomo sta fermo, solo, seduto, senza volto ad aspettare la fine della vita, con una pennellata in mano di rosso, con la quale ha tentato sempre di dipingere un cuore. Casez, 3 gennaio 1999”.
Dialoga con il tema del viaggio anche una stanza dedicata al gioiello etnico, con alcuni preziosi pezzi della collezione di Gian Marco Trentini.
Un salto culturale che rende evidente l’animo di viaggiatore del collezionista e che aggiunge al percorso uno sguardo altro. Inoltre, nella saletta delle Lunette è esposta una selezione di lavori a ricamo che riproduce fregi, grottesche e decori in omaggio ai palazzi storici dell’Alto Garda e a Palazzo d’Arco-Trentini, realizzati dall’associazione Arco Ricama.
La Casa degli Artisti «Giacomo Vittone» di Canale di Tenno è gestita dai Comuni di Arco, Riva del Garda e Tenno, quest’ultimo quale ente capofila.
Didascalia delle foto
Fortunato Depero, «Citrus», 1927
in copertina Mario Sironi, «Cavallo e cavaliere«», 1940
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