25 aprile sottotono a Lazise per il 75° anniversario della Liberazione

Festeggiamenti sottotono per il 75° anniversario della Liberazione a causa di Covid-19. Lo impongono le disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri ma anche la circolare inviata a tutte le sezioni dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci da parte del presidente provinciale Bruno Buratto nonché a tutti i sindaci veronesi.

Pertanto anche i sei reduci ancora in vita che appartengono alla sezione dei combattenti di Lazise, a malincuore, si attengono ai divieti, dove nessun labaro o bandiera con alfiere possa uscire dalle sei e partecipare a qualsiasi tipo di manifestazione, nemmeno con l’adozione dei dispositivi di sicurezza, e nessun presidente o socio potrà partecipare ad alcuna manifestazione in rappresentanza dell’Associazione, nemmeno corone o fiori possono essere deposte da membri dell’Associazione nazionale combattenti e reduci.

“E’ una disposizione perentoria del presidente nazionale  Sergio Paolieri — conferma il segretario Sergio Marconi — che va a tutela della salute pubblica. 75 erano un grande traguardo per alcuni dei nostri soci, uno dei quali ha ben 99 primavere ed è ancora lucidissimo. Ma ci adeguiamo. Invitiamo tutte le famiglie ad esporre il tricolore per onorare questa data fondamentale per la storia della nostra Nazione. Vogliamo anche ricordare un fatto accaduto il 24 aprile 1945, poco dopo le 16, in località Fossalta, dove un commando americano mitraglia all’impazzata una colonna di tedeschi in ritirata. Salta per aria una autobotte stracolma di carburante e il nostro socio Renato Amicabile, allora poco più che diciasettenne, porta in salvo lo zio Vittorio Amicabile, ferito e sanguinante. Lo porta all’ospedale di Bussolengo  con un auto di fortuna messa a disposizione dalla famiglia Barbaro proprietari terrieri di località Bottona.”

“In casa ‚da noi, avevamo un uomo che ci aiutava in campagna, el famejo — continua Renato Amicabile — nell’incendio era rimasto ferito anche lui, anche se meno gravemente dello zio Vittorio. L’ho portato a medicare all’ospedale di Bussolengo nella giornata del 25 aprile 1945 caricandolo sulla canna della mia bicicletta perché non avevo altri mezzi. E se l’è cavata egregiamente.”

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